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Maggiori informazioni per Disturbi del Comportamento Alimentare Quartiere Vercellese Milano
I Disturbi del Comportamento Alimentare Quartiere Vercellese Milano (DCA) o disturbi dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo.
Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.
I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica. Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione.
Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è. I Disturbi del Comportamento Alimentare Quartiere Vercellese Milano (o disturbi alimentari) rappresentano una delle più frequenti cause di disabilità giovanile e a essi si associa un rischio elevato di mortalità. Sul piano epidemiologico la prevelenza lifetime dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa si aggirano rispettivamente intorno allo 0,9% all’1,5%, nel genere femminile, mentre in quello maschile le percentuali sono 0,3 per l’anoressia e 0,5 per la bulimia. La prevalenza dei disturbi della nutrizione e della alimentazione nei giovani aumenta tra l’infanzia e la prima adolescenza e tra i 10 e i 13 anni la sintomatologia dei disturbi alimentari è presente all’interno di popolazioni non cliniche a livelli molto simili rispetto a quelli di popolazioni adolescenti, inoltre ad una maggiore sintomatologia a 9 anni corrisponde il più alto rischio di sviluppare una maggiore sintomatologia a 12 anni. Questo suggerisce come sia importante identificare quali siano le condizioni che favoriscono lo sviluppo di questi disturbi ben prima dell’adolescenza. Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali.
Per la persona che soffre di una disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro; terminare un compito può diventare molto difficile perché nella testa sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “deve” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere una crisi bulimica. Ma quali sono i disturbi alimentari principali?
Tra i vari disturbi alimentari abbiamo l’anoressia nervosa,la bulimia nervosa e il disturbo alimentazione controllata epoi ci sono disturbi della nutrizione e i disturbi alimentari sottosoglia categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.
Solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto. Nell’anoressia nervosa questo può avvenire perché la persona all’inizio non sempre si rende conto di avere un problema.
Anzi, all’inizio, la perdita di peso può far sentire la persona meglio, più magra, più bella e più sicura di sé.
A volte le persone ricevono complimenti durante la loro iniziale perdita di peso e questo può rinforzare la sensazione di stare facendo la cosa giusta.
Quando le cose invece cominciano a preoccupare, perché la perdita di peso è eccessiva o comunque comporta un cambiamento importante della persona, molte persone non sanno come affrontare l’argomento.
In genere sono i familiari che, per primi, allarmati dall’eccessiva perdita di peso, si rendono conto che qualcosa non va.
Anche per loro però non è facile intervenire, soprattutto quando la figlia o il figlio non hanno ancora nessuna consapevolezza del problema. Nonostante l’Anoressia Nervosa sia stata denominata come malattia del “mondo industrializzato” la storia conserva le sue tracce anche in tempi molto più remoti.
Basti pensare al Medioevo in cui, alla luce dei valori religiosi, l’anoressia era vista come un traguardo spirituale, si parlava proprio di “santa anoressia” come mezzo per la mortificazione del corpo.
Come?
• diete molto restrittive; • vomito autoindotto subito dopo aver mangiato; • eccessivo uso di lassativi, pillole dimagranti o diuretici; • eccessivo esercizio fisico; • vegetarianismo estremo; • comportamenti rituali protettivi; • evitamento di qualsiasi contatto sociale che includa il cibo e che mini la capacità a resistere al cibo; • eccessive pressioni sui familiari su come fare la spesa e cosa comprare; • Sono 3 le caratteristiche essenziali dell’ Anoressia Nervosa: persistente restrizione dell’assunzione di calorie tanto da portare la persona ad avere un peso corporeo significativamente basso (inferiore al minimo normale) in riferimento all’età, al sesso e alla traiettoria di sviluppo della persona Una grande paura di ingrassare rapidamente e infine una significativa alterazione della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo.
L’ Anoressia Nervosa può essere caratterizzata da una disregolazione emotiva e da uno scarso controllo degli impulsi
Disturbi alimentari:bulimia nervosa
I sintomi della bulimia nervosa comprendono forti preoccupazioni per la magrezza e la presenza di abbuffate seguite da inappropriate condotte compensatorie (una volta a settimana per almeno tre mesi) per prevenire l’aumento di peso. L’abbuffata è l’ingestione di un quantitativo di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso lasso di tempo, avendo la sensazione di perdere il controllo mentre lo si fa (ovvero l’incapacità di astenersi dal mangiare o dallo smettere di mangiare una volta iniziato accompagnati talvolta da un senso di estraniamento).
Inoltre nella persona che soffre di bulimia nervosa l’autostima è influenzata in misura eccessiva dalla forma e dal peso corporei. Come riporta il più recente manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5, 2014), vi sono diversi livelli di gravità del disturbo che fanno riferimento alla frequenza di condotte compensatorie inappropriate messe in atto: Le conseguenze della bulimia nervosa possono essere serie complicanze mediche: l’uso improprio di lassativi o diuretici, molto frequenti, possono causare gravi alterazioni elettrolitiche, complicanze renali e aritmie. La bulimia di solito esordisce in adolescenza o nella prima età adulta.
Gli effetti più immediati del vomito comprendono la riduzione della sensazione di malessere fisico e la paura di aumentare di peso.
In alcuni casi il vomito diventa un obiettivo in sé e la persona si abbufferà per poter vomitare oppure vomiterà anche dopo aver mangiato piccole quantità di cibo. Gli individui con bulimia nervosa tipicamente si vergognano dei loro problemi con l’alimentazione e tentano di nascondere i sintomi.
Inoltre danno molta importanza al peso e alle forme corporee: presentano un intenso desiderio di perdere peso, che le porta a pensare costantemente alla dieta e al cibo e a mettere in atto dei comportamenti di compenso o di restrizione alimentare. Il peso e le forme corporee, per chi è affetto da tale disturbo, rappresentano i fattori principali su cui viene basata la propria autostima. I fattori di rischio (DSM V, 2014) per lo sviluppo della bulimia nervosa sono: • Fattori temperamentali: preoccupazioni relative al peso, bassa autostima, sintomi depressivi, disturbo d’ansia sociale, disturbo iperansioso dell’infanzia • Fattori ambientali: internalizzazione dell’ideale di un corpo magro ma anche abusi fisici e/o sessuali subiti in infanzia • Fattori genetici e fisiologici: trasmissione familiare e vulnerabilità genetica ma anche obesità infantile e precoce maturazione puberale
Disturbi alimentari:terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale ha lo scopo di aiutare chi soffre di bulimia a identificare e modificare alcune modalità di pensiero problematiche che favoriscono la comparsa e il mantenimento della patologia alimentare, a imparare a gestire il sintomo e a sostituirlo con pensieri e comportamenti più adeguati e funzionali e ha inoltre il preziosissimo compito di aiutare la persona che soffre di tale disturbo a conoscere le proprie emozioni negative e a gestirle non solo attraverso il cibo. Il trattamento cognitivo-comportamentale della bulimia può prevedere colloqui di valutazione diagnostica, può essere strutturata individualmente o in gruppi psicoterapeutici su aspetti specifici della patologia o con colloqui di supporto ai familiari; spesso si affianca alla terapia farmacologica nel controllo delle abbuffate (fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina e citalopram) e si avvale della collaborazione di dietisti e nutrizionisti allo scopo di modificare le abitudini nutrizionali scorrette attraverso il monitoraggio quotidiano dell’alimentazione.
In alcuni casi si rende necessario un eventuale invio presso strutture di ricovero pubbliche o private. Il trattamento prevede diverse fasi: nelle fasi iniziali il trattamento si focalizza sulla normalizzazione del peso e sull’abbandono dei comportamenti di controllo dello stesso; successivamente tende ad aiutare la persona a migliorare l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali, modificando l’idea che il peso e le forme corporee costituiscano il principale fattore in base al quale stimare il proprio valore personale. L’ultima fase del lavoro terapeutico integrato si basa sulla prevenzione delle ricadute e sul mantenimento dei risultati raggiunti durante il trattamento. Il trattamento psicoterapeutico a orientamento sistemico-relazionale si affianca spesso alla terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento della bulimia nervosa e presuppone che sia la famiglia a essere sottoposta al trattamento poiché interviene sul problema alimentare attraverso la modificazione delle relazioni familiari problematiche all’interno del sistema familiare stesso.
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